Luna Park 1

Condividi

In questo inizio di autunno due eventi ci hanno ricordato che in mare si continua a morire, a volte non per colpa delle forze della natura ma per la stupidità dell’uomo.

All’Isola del Giglio il relitto della Costa Concordia, ormai raddrizzato, sta lì a testimoniare come 32 persone siano morte a causa di un uomo che attualmente è sotto processo per aver condotto una manovra in violazione delle più elementari norme di prudenza nella navigazione e poi ha ritardato fino all’inverosimile le procedure per l’evacuazione della nave.

900 km. più a sud oltre 300 migranti sono morti in una volta sola, affondando di fronte all’Isola di Lampedusa con il barcone che li stava portando, da clandestini, verso l’Italia. Qui però la stupidità non è di un singolo ma di un’intera classe politica che si è illusa (e continua ad illudere tanti italiani) di poter arginare i flussi migratori dal sud del mondo criminalizzando per legge coloro che per disperazione fuggono dai loro paesi di origine.

L’introduzione nel nostro sistema penale del reato di clandestinità, voluto a gran voce nel luglio del 2009 dall’allora maggioranza parlamentare, non solo non ha contribuito in alcun modo a rallentare i flussi migratori ma, in sinergia con una politica di ostilità all’accoglienza dei migranti, induce questi disperati ad affidarsi ai trafficanti di uomini pur di raggiungere da clandestini le coste dell’Italia e da qui l’Europa. Con le conseguenze che ogni giorno vediamo, in termini di vite distrutte.

Gli unici risultati ottenuti dall’introduzione di tale reato sono stati da un lato l’intasamento degli uffici dei Giudici Pace, costretti a celebrare contro questi disperati processi la cui utilità è pari a zero essendo la pena prevista un’ammenda che nessuno pagherà mai, e dall’altro la trasformazione dei migranti da vittime a correi dei trafficanti di uomini. Con l’ulteriore conseguenza che a causa del nostro distorto sistema processuale penale non potranno mai essere sentiti come testimoni nei processi celebrati a carico dei loro sfruttatori, che così tornano liberi; liberi di riprendere i propri traffici.

Confermando il noto detto secondo il quale “la prima gallina che canta è quella che ha fatto l’uovo” i promotori di quell’infausta legge si sono immediatamente affrettati a gridare ai quattro venti che la colpa di quanto accaduto a Lampedusa non è della legge ma dell’attuale Ministro per l’Immigrazione e del Presidente della Camera, ai loro occhi responsabili di essere invece favorevoli ad una politica di accoglienza.

Questi “statisti” che continuano a coltivare il loro piccolo orticello di consenso elettorale fondato sull’ignoranza della realtà e la paura del diverso si guardano però bene dal raccontare che l’agricoltura del mezzogiorno non esisterebbe senza la mano d’opera africana, che le produzioni lattiero casearie della pianura padana sono anche il risultato del lavoro svolto nelle stalle degli allevamenti dagli immigrati indiani e che le fabbriche del nord est e l’intero comparto dell’edilizia non possono più fare a meno dei lavoratori stranieri.

Perché se è vero che in Italia di lavoro attualmente ce n’è poco è altrettanto vero che quel poco non è gradito dagli italiani perché ritenuto non al livello delle loro aspettative.

Ora, a tragedia avvenuta, sembra che il nostro Governo stia per varare l’ennesima missione militare di pace, inviando la Marina a pattugliare il Canale di Sicilia per individuare i migranti in viaggio verso l’Italia e soccorrerli prima che naufraghino. Ottima iniziativa, alla quale i nostri militari sapranno ancora una volta rispondere al meglio, ma che dimostra anche la schizofrenia del nostro Paese che da un lato invia i militari a salvare i migranti e dall’altro chiede alla magistratura di metterli sotto processo.

E’ ormai ora che si prenda consapevolezza che i flussi migratori si possono regolare ma non impedire, perché è il sud del mondo che spinge verso le società più ricche, per sfuggire alla fame e alle guerre. C’è una massa enorme di disperati che tenta di procurarsi una vita più dignitosa. Bisogna prenderne atto.

Dovere del nostro Paese e dell’intera comunità internazionale è quello di trovare soluzioni che assicurino una crescita equilibrata dei paesi in via di sviluppo, in condizioni di libertà e democrazia. E’ perfino superfluo ricordare che ogni essere umano vorrebbe vivere felice nella terra in cui è nato, in cui ci sono le sue radici, i suoi ricordi.

Se non si interverrà per arrivare gradualmente a questo traguardo continueremo a recuperare cadaveri dal fondo del mare e a riempire i tribunali di processi inutili.

ROBERTO