Luna Park 6

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A volte ci sono strane convergenze che inducono a riflettere sul nostro esistere, sul nostro modo di stare in questa vita.
Di recente, su giornali e tv, personaggi della cultura e dello spettacolo si sono soffermati sul medesimo argomento: la rinuncia e il rimpianto.
Il rimpianto per un’occasione mancata, perduta per sempre, senza ritorno. Un tarlo che mette in dubbio le scelte fatte seguendo la mente e non il cuore, un rimprovero continuo per ciò che poteva essere e non è stato.
Quante persone abbiamo sentito dire: “il cuore mi porterebbe a fare certe scelte, ma bisogna essere razionali e farsi guidare dal cervello”. Persone che hanno deciso di seguire la ragione e non il sentimento.
Avranno rimpianto, nostalgia? Chissà. Però nostalgia e rimpianto sono profondamente diversi tra loro.
La nostalgia può essere a volte anche dolce seppur nel dolore, come nel ricordo di una vita drammaticamente interrotta ma vissuta comunque intensamente insieme. Il rimpianto invece è sempre amaro, perché porta con sé la consapevolezza che lungo il sentiero della vita non si sono fatti tutti i passi che si potevano o si dovevano fare, che ci si è tirati indietro: per paura di sbagliare o per semplice pigrizia. E resta la certezza di un’occasione perduta, di una bellezza rifiutata, come una rosa non colta. Il rimpianto ci rende il mondo intorno crepuscolare, privo di punti di riferimento, non ci indica una meta ma ci fa avvitare su noi stessi.
Forse è meglio avere rimorso che rimpianto, perché gli sbagli e le colpe che generano rimorsi possono essere sempre perdonati mentre per il rimpianto non c’è rimedio e la ricerca del tempo perduto è solo un’illusione, un’ulteriore perdita di tempo. A cosa serve pensare alle cose non dette alla persona amata se non si impara che da oggi in poi sarà meglio dirle quelle cose a chi verrà nel nostro futuro?

Allora, come cantava Edith Piaf, meglio dire: “no, je ne regrette rien”.